venerdì 3 giugno 2016

Andata e ritorno per Venezia: il viaggio in Pullman.

Ora di partenza da Torino a Venezia, 5:45 in punto. La mia sveglia non è suonata! Panico!
Sono stata svegliata dal suono improvviso di una telefonata. Ancora in dormiveglia rispondo convinta di parlare con mia madre. Una voce mi sussurra: Ciao Federica, vieni con noi a Venezia? Siamo qui ad aspettarti. Era il mio professore di Torino. Panico di nuovo. Vergogna e umiliazione, questi erano i due sentimenti a governarmi in quel momento. Nonostante tutto, la voglia di vedere Venezia e di visitare la biennale di architettura erano talmente alte da mettere in secondo piano la vergogna e dire: Si si!!! Scusa, non mi era mai capitato prima d'ora. Abito qui vicino, 5 minuti e arrivo!
Scendo dal letto, per fortuna avevo fatto la doccia la sera prima; mi vesto subito, lavo i denti e scendo di corsa saltando le scale. Corro fino al pullman posteggiato accanto al Parco del Valentino. Avevo il fumo sotto i piedi. C’erano 25 studenti e due professori ad aspettarmi. Non avevo mai provato tanto imbarazzo in vita mia. Salgo e mi scuso nuovamente per il ritardo, anche loro erano fumanti ma per la stanchezza e l’ora. Poco dopo mi hanno raccontato che molti di loro avevano dormito solo due ore perché dovevano inviare le tavole di progettazione entro la scadenza. Abbasso la testa e proseguiamo con il viaggio...

Una piccola digressione sul giorno in cui mi è stato proposto di partire è d’obbligo: qualche giorno fa, infiltrata ad un corso sull’epistemologia della ricerca tenuto per i dottorandi Polito,  il mio Professore mi ha chiesto se volevo partire con loro per questo “viaggio”, se così si può chiamare quello fatto in giornata, dicendomi: ti butto lì una proposta, so per certo che sarai occupatissima ma se ti va, dopodomani andiamo a Venezia, visiteremo la biennale e lì farò una parte dell’esame dei miei studenti. Se ti va puoi aggregarti a noi. Neanche il tempo di propormelo rispondo subito di sì. Uno, perché avrei visitato la Biennale di Architettura. Due, perché avevo l’opportunità di vedere alla stessa cifra, anche se per qualche secondo, una città che da tempo volevo visitare e che non avevo ancora avuto occasione di vedere.
Entrando in pullman sento una persona dire: ma io la conosco!! Ridiamo entrambe, era una mia amica, anche lei laureata come me al Politecnico. Ci eravamo incontrate qualche giorno prima della partenza, ma nessuno delle due sapeva che l’altra avrebbe partecipato a questa escursione.
Saluto la mia amica e mi siedo dietro di lei. Accanto a me c’era un ragazzo chiaro di carnagione, biondo e dagli occhi azzurri. Era decisamente straniero. Passate le prime due ore di viaggio, molti escono dal letargo e anche il mio compagno di pullman si sveglia: Ciao, piacere, scusami se prima non mi sono presentato, stavo dormendo, sono Erasmus! Ah ciao! Io sono Federica, non ti preoccupare. Mi ripete nuovamente: no no, mi chiamo Erasmus, vengo dalla Germania, molti qui pensano che io sia in Erasmus. Ahahah, ridiamo. Ammetto anche io di aver avuto delle perplessità. Mi racconta di essere a Torino per un tirocinio e di non parlare bene l’italiano ma che in linea generale lo capisce. Dopo aver parlato del più e del meno, arriviamo a questioni più interessanti. Ironia della sorte, un tedesco che chiede ad un’italiana se in Italia c’è lavoro e che vorrebbe lavorare qui.  Purtroppo molti dei miei coetanei italiani, ma anche spagnoli vanno a cercare spesso opportunità lavorative proprio in Germania. Stessa situazione, stesso mese mi è capitata con dei ragazzi di Cardiff in visita a Torino per uno scambio con degli studenti del Politecnico, uno di loro chiacchierando mi ha detto di voler trascorrere un periodo di studio qui a Torino e mi chiedeva se vi erano buone prospettive lavorative. Rassicurandolo sulle opportunità che avrebbe essendo straniero, inizio a rendermi conto che il problema dell’assenza di lavoro è un male diffuso e soprattutto a domandarmi se questo è ciò a cui siamo abituati a sentirci dire da troppo tempo o se è una realtà troppo amara da poter accettare.
Nel frattempo, il tempo scorre alternando momenti di puro silenzio in cui osserviamo il paesaggio padano a momenti in cui chiacchieriamo della migliore scelta progettuale da sviluppare per realizzare una casa di 100 mq a due elevazioni. Matita e carta in mano, continua a fare degli schizzi, si vedeva che era architetto nell’indole! Un po’ annoiata dalla conversazione sposto il mio sguardo sull’orizzonte, ecco che si inizia ad intravedere il cartello: Welcome to Venezia. Eravamo appena arrivati. Scendiamo dal pullman, due persone ci propongono di prendere il motoscafo per arrivare più velocemente in città.
Vento, acqua, sole, architetture di un tempo,
bellezza, chiacchiere e senso di serenità,
mi isolo nel mio mondo e assaporo quegli attimi tanto puri e incontaminati.
Così ha avuto inizio quel dì di Venezia.

martedì 5 gennaio 2016

Due giorni in Trentino…PhD e prime conferenze

Da quando sono ritornata a Torino mi è capitato di rimanere ferma nello stesso posto solo per pochi giorni. La scorsa settimana, infatti, il mio tutor del dottorato, il professore Maurizio Carta, mi ha proposto di andare ad una conferenza a Trento e a Bolzano, dove ci sarebbero stati Kengo Kuma e Carlo Ratti, due dei più importanti architetti della contemporaneità. Come poter dire di no! E diciamoci la verità, a me piace proprio tanto questo tipo di avventura! Accetto l’invito e cerco il modo più sostenibile per arrivare e pernottare a Bolzano.
Mi viene in mente Couchsurfing, una modalità geniale per viaggiare e spendere pochissimo, uno stile di vita differente, dove la condivisione sta alla base dell’esperienza. Mi metto in contatto con una certa Elena (nome di fantasia), una ragazza polacca ormai ambientata a Bolzano e che lavora in un hotel in montagna. Nonostante la distanza dal posto di lavoro decide di ospitarmi a casa sua. Non ho mai fatto un’esperienza con couchsurfing, ma mi ha sempre incuriosito questa disponibilità delle persone nell’ospitare altri couchsurfer e non, per il solo piacere di condividere esperienze. Fin da ragazzina ho avuto una certa curiosità per le altre culture, a 10 anni ho fatto la mia prima esperienza all’estero da sola e a 13 avevo già deciso di frequentare un liceo europeo che mi permettesse di viaggiare ed ospitare gente dal mondo a casa mia. Forse, è proprio la possibilità di condividere dei momenti della quotidianità insieme a persone provenienti da posti differenti dai nostri una delle parti più interessanti del viaggio in sé. Così, mi metto in contatto con questa ragazza e decidiamo di vederci direttamente in serata lì a Bolzano.

Parto la mattina presto da Torino con Blablacar. In macchina eravamo in quattro, un ragazzo di Milano, uno pugliese, io e una ragazza piemontese. Iniziamo a chiacchierare del più e del meno, luoghi di provenienza, lavoro, studio, mentre alla mia destra scorre, come in un film di Sean Penn, il paesaggio padano. La pianura si sa, è infinita; immense distese di terreni inframezzati da centri urbani e antiche cascine. Un paesaggio malinconico, per chi come me è abituata ad avere sempre come riferimento la montagna, ma allo stesso tempo suggestivo e inebriante. Superando Milano e proseguendo verso il Trentino, il paesaggio inizia a mutare. La tanto desiderata montagna appare, passiamo in una vallata, non so bene dove fossimo, ma ricordo benissimo la bellezza di quel monastero incastonato come un diamante nella roccia. Un gioiello, testimonianza di come si può fare architettura integrandola perfettamente nel suo paesaggio naturale.

Arrivati a Bolzano saluto i miei compagni di viaggio ed entro nell’hotel Sheraton, dove si sarebbe tenuta la prima giornata di conferenza. Sono stati affrontati diversi temi, si è parlato di bioarchitettura, di rigenerazione urbana, di sistemi di governance. Kengo Kuma ha trattato il tema della resilienza e di come l’architettura debba essere pronta a reagire in caso di eventi catastrofici. Durante la conferenza si è posto l’accento sulla questione della gestione delle risorse comuni e condivise, sullo sviluppo di strategie di governance collaborative e policentriche. Si è parlato di Co-city e Sharing City, di civic innovation e di nuove modalità di coinvolgimento dei progettisti per ripensare i luoghi abbandonati delle città e riqualificarli attraverso azioni innovative.

Al termine della giornata una gustosa cena a base di canederli in brodo, speck e polenta era lì ad aspettarci. In questa atmosfera calda e conviviale, tra risate e schiamazzi, sorseggiando del buon vino rosso e deliziando le papille gustative con i sapori intensi e decisi della cucina tradizionale trentina, abbandono la mia mente al fluire dei pensieri; ripenso alla giornata vissuta e alla meravigliosa opportunità che stavo vivendo. Non tutti i neolaureati in architettura d’Italia hanno la fortuna di incontrare menti celebri dell’architettura contemporanea, tanto meno di scambiarci qualche parola o addirittura cenarci insieme. Momenti di assoluta vivacità, arricchiti da contaminazioni culturali e scientifiche, da nuove conoscenze e incontri di viaggio stimolanti.

La giornata si era conclusa nel migliore dei modi, adesso mi aspettava solo una nuova avventura, dormire a casa di Elena di couchsurfing!