Mi
tocca interrompere per qualche momento la descrizione delle mete visitate
durante il viaggio a Valladolid per concentrarmi su un altro viaggio. Tra la
fine di gennaio e l’inizio di febbraio, le mie attività sono aumentate
notevolmente, nel giro di due settimane ho visto tre posti differenti, tra
viaggi di piacere e quelli di lavoro. Dedico questo articolo ad un’ amicizia
scoperta, ad una collega, compagna di corso e di viaggio, se pur per pochi giorni.
In
ufficio mi hanno proposto di partecipare ad un importante convegno-corso a
Donostia-San Sebastián sui processi partecipativi. L’entusiasmo di visitare un
posto nuovo e di prendere parte ad un corso non più da studente ma da
professionista, mi ha subito portata ad acquistare i biglietti e partire! Parto
da Gijón alle 8:15 del mattino per arrivare a San Sebastián alle 16:00 del
pomeriggio, si avete capito bene, quasi 8 ore di pura tortura! Arrivata a San
Sebastián, mi informo su come arrivare al Centro Carlos Santamaria, dove si
sarebbe tenuto il convegno, giro un po’ per le vie della parte vieja della
città e mi perdo tra i numerosi localini di pinchos (pintxos in euskera) che
illuminano la città. Dopo la terza esperienza fuori Gijón, si impara a viaggiare
da soli, a conoscere la gente con cui vieni a contatto, come avrebbe detto mio
cugino a 6 anni, si inizia a “badarsi”, ovvero, a prendersi cura di se stessi.
Il Centro Carlos Santamaria, si trova nel polo
universitario della città ed è
un edificio di nuova costruzione, con una struttura in legno e grandi vetrate
che illuminano l’interno. A chi non conosceva la lingua locale (euskera ovvero
il basco) venivano assegnate delle cuffie per
ascoltare la traduzione istantanea. Al primo intervallo, la gente si è
alzata e i ragazzi, studenti dell’università, sono usciti a chiacchierare
fuori, illuminati da qualche timido raggio di sole. Io, sola in una sala vuota,
mi guardavo intorno, vagavo un po’ per la sala, leggevo qualche informazione,
insomma, avevo il tipico atteggiamento di chi non sa cosa fare. Dopo il primo
sguardo dell’organizzatrice dell’evento, un po’ imbarazzata, anch’io ho deciso
di uscire fuori dall’aula, mi sono accomodata per qualche minuto in una
poltrona che permetteva di guardare il panorama al di fuori del centro e sono
ritornata in aula. Mi sono ritrovata a guardare un cartellone con vari post-it
colorati in cui tutti i partecipanti al congresso avevano scritto i propri
pensieri sugli interventi appena svolti, ma questa volta accanto a me, con lo
stesso atteggiamento tipico di quando si è soli, c’era una ragazza mora,
riccia, con occhi grandi e alta quanto me. Mi giro e colgo subito l’occasione
per conoscere almeno un’altra persona. Tu eres de aquí? Mi ha subito risposto
di sì con un sorriso. Abbiamo chiacchierato un po’ e una volta ricominciata la
lectio magistralis le ho proposto di sederci vicine.

Al termine della
conferenza, abbiamo fatto un giro per la città. San Sebastián di notte è un
vero incanto, la luce dei lampioni bianchi si riflette sul mare, il faro
dell’Isla di Santa Clara, a rotazione illumina i monti Urgull e Igeldo che
definiscono i confini della costa.
Dopo aver visto la parte più antica della
città, abbiamo attraversato
un ponte dalle caratteristiche parigine per arrivare
in una zona nella quale, abitualmente, il mercoledì sera si svolge il pintxo
pote. Il pintxo pote è composto dalla parola “pintxo”, la cosiddetta tapa, e
“pote” una bibita, ad un prezzo modico
di 2 euro, si può bere e mangiare. Tra un pincho e
l’altro abbiamo parlato molto e abbiamo scoperto di avere molti pensieri e
passioni in comune. Così, sale come lo spleen di Baudelaire, una sorta di
malinconia, che si insinua quando
conosci una persona con cui ti trovi bene a parlare, ma che effettivamente sai
di non poter continuare a

frequentare. E allora mi chiedo, come funziona
l’amicizia all’estero? Durante un periodo così intenso, in cui si fanno nuove
conoscenze, in cui si è più affezionati a certe esperienze poiché collocate in
un momento esule dalla quotidianità, come si può convivere con la
consapevolezza che tutto questo un domani cambierà? Solo ora posso iniziare ad
intuire quella leggera tristezza che ha provato il mio ragazzo rientrando in
Italia e che provano gli studenti Erasmus una volta ritornati in madrepatria.
To be continued…
Scusate per la grafica, purtroppo il sito modifica il post al momento della pubblicazione.
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