venerdì 20 febbraio 2015

L’amicizia all’estero – Parte 1

Mi tocca interrompere per qualche momento la descrizione delle mete visitate durante il viaggio a Valladolid per concentrarmi su un altro viaggio. Tra la fine di gennaio e l’inizio di febbraio, le mie attività sono aumentate notevolmente, nel giro di due settimane ho visto tre posti differenti, tra viaggi di piacere e quelli di lavoro. Dedico questo articolo ad un’ amicizia scoperta, ad una collega, compagna di corso e di viaggio, se pur per pochi giorni.
In ufficio mi hanno proposto di partecipare ad un importante convegno-corso a Donostia-San Sebastián sui processi partecipativi. L’entusiasmo di visitare un posto nuovo e di prendere parte ad un corso non più da studente ma da professionista, mi ha subito portata ad acquistare i biglietti e partire! Parto da Gijón alle 8:15 del mattino per arrivare a San Sebastián alle 16:00 del pomeriggio, si avete capito bene, quasi 8 ore di pura tortura! Arrivata a San Sebastián, mi informo su come arrivare al Centro Carlos Santamaria, dove si sarebbe tenuto il convegno, giro un po’ per le vie della parte vieja della città e mi perdo tra i numerosi localini di pinchos (pintxos in euskera) che illuminano la città. Dopo la terza esperienza fuori Gijón, si impara a viaggiare da soli, a conoscere la gente con cui vieni a contatto, come avrebbe detto mio cugino a 6 anni, si inizia a “badarsi”, ovvero, a prendersi cura di se stessi. 
Il Centro Carlos Santamaria, si trova nel polo 

universitario della città ed è un edificio di nuova costruzione, con una struttura in legno e grandi vetrate che illuminano l’interno. A chi non conosceva la lingua locale (euskera ovvero il basco) venivano assegnate delle cuffie per  ascoltare la traduzione istantanea. Al primo intervallo, la gente si è alzata e i ragazzi, studenti dell’università, sono usciti a chiacchierare fuori, illuminati da qualche timido raggio di sole. Io, sola in una sala vuota, mi guardavo intorno, vagavo un po’ per la sala, leggevo qualche informazione, insomma, avevo il tipico atteggiamento di chi non sa cosa fare. Dopo il primo sguardo dell’organizzatrice dell’evento, un po’ imbarazzata, anch’io ho deciso di uscire fuori dall’aula, mi sono accomodata per qualche minuto in una poltrona che permetteva di guardare il panorama al di fuori del centro e sono ritornata in aula. Mi sono ritrovata a guardare un cartellone con vari post-it colorati in cui tutti i partecipanti al congresso avevano scritto i propri pensieri sugli interventi appena svolti, ma questa volta accanto a me, con lo stesso atteggiamento tipico di quando si è soli, c’era una ragazza mora, riccia, con occhi grandi e alta quanto me. Mi giro e colgo subito l’occasione per conoscere almeno un’altra persona. Tu eres de aquí? Mi ha subito risposto di sì con un sorriso. Abbiamo chiacchierato un po’ e una volta ricominciata la lectio magistralis le ho proposto di sederci vicine. 

Al termine della conferenza, abbiamo fatto un giro per la città. San Sebastián di notte è un vero incanto, la luce dei lampioni bianchi si riflette sul mare, il faro dell’Isla di Santa Clara, a rotazione illumina i monti Urgull e Igeldo che definiscono i confini della costa.


Dopo aver visto la parte più antica della città, abbiamo attraversato
un ponte dalle caratteristiche parigine per arrivare in una zona nella quale, abitualmente, il mercoledì sera si svolge il pintxo pote. Il pintxo pote è composto dalla parola “pintxo”, la cosiddetta tapa, e “pote” una bibita, ad  un prezzo modico di 2 euro, si può bere e mangiare. Tra un pincho e l’altro abbiamo parlato molto e abbiamo scoperto di avere molti pensieri e passioni in comune. Così, sale come lo spleen di Baudelaire, una sorta di malinconia, che si insinua  quando conosci una persona con cui ti trovi bene a parlare, ma che effettivamente sai di non poter continuare a
frequentare. E allora mi chiedo, come funziona l’amicizia all’estero? Durante un periodo così intenso, in cui si fanno nuove conoscenze, in cui si è più affezionati a certe esperienze poiché collocate in un momento esule dalla quotidianità, come si può convivere con la consapevolezza che tutto questo un domani cambierà? Solo ora posso iniziare ad intuire quella leggera tristezza che ha provato il mio ragazzo rientrando in Italia e che provano gli studenti Erasmus una volta ritornati in madrepatria.


To be continued…

Scusate per la grafica, purtroppo il sito modifica il post al momento della pubblicazione.

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